Gli dei combatterono invano contro il demone Raktabija. Ogni colpo era inutile, perché a ogni goccia del suo sangue che toccava la terra nasceva un nuovo guerriero. Ben presto il campo di battaglia fu invaso da demoni. Allora apparve Kali: oscura come la notte, con i capelli sciolti, una ghirlanda di teschi al collo. Con la lingua distesa si lanciò nella mischia. Fece a pezzi Raktabija e bevve ogni goccia di sangue prima che potesse toccare il suolo. Così spezzò il ciclo infinito della sua rinascita.

Solo una determinazione radicale può porre fine a un caos che si nutre di sé stesso.

Mentre Durga combatteva contro gli eserciti dei demoni, emise un grido – così colmo di furia che Kali nacque dalla sua stessa fronte. Con un balzo si trovò sul campo di battaglia, incarnazione di energia grezza e indomabile. Dilaniò i demoni, ne divorò i corpi, il suo volto grondava di sangue. Nessuna forza poteva resistere alla sua frenesia. Quando finalmente tornò il silenzio, fu chiaro: Kali non era solo distruzione – era la potenza che rendeva possibile la pace.

A volte è l’oscurità stessa che deve sorgere per proteggere la luce.

Durante le notti del Navaratri, Kali viene invocata. Si dice che chi la contempla nella più profonda oscurità veda dapprima solo paura: un volto macchiato di sangue, una collana di teschi, i capelli scompigliati dal vento. Ma chi non fugge, chi resiste, comprende che non è venuta per distruggerlo, ma per liberarlo. I suoi terrori sono prove – e chi le affronta si risveglia a una nuova vita, senza catene.

La vera trasformazione non avviene nella luce – ma attraversando l’oscurità.«Non viene per consolarti. Viene per strapparti via tutto ciò che non sei.»